MONTE BARRO

La stazione ornitologica di Costa Perla

La rotta migratoria tra Europa Settentrionale ed Africa che passa sul solco lariano, vede il transito di molti uccelli. E molti di questi, attraversando le Alpi durante il passo primaverile ed autunnale, scendono per riposarsi e nutrirsi proprio sulle pendici del Monte Barro.

La Stazione Ornitologica di Costa Perla, collocata alla sommità di una morena che si stacca dal versante sud del monte, ha sede in un vecchio roccolo, realizzato agli inizi del ‘900, acquistato nel 1988 e riconvertito dal Parco in centro di studio sulle migrazioni.
Dopo quasi un secolo di attività venatoria, finalizzata soprattutto alla cattura di uccelli da richiamo, l’ex roccolo ha ripreso a funzionare come osservatorio e nel 1992 è stato riconosciuto Stazione Sperimentale della Regione Lombardia, con finalità scientifiche e didattiche.

Tramite reti speciali studiate appositamente per l’approccio scientifico, gli uccelli vengono catturati senza danneggiarli in modo che siano subito in grado di riprendere il volo. Di ogni esemplare catturato viene annotata la specie, l’età, il sesso, il peso, la lunghezza delle penne, la quantità di grasso accumulato e la muta. Ad ogni individuo viene applicata una speciale “targa” personale che è impressa su un leggerissimo e innocuo anellino di alluminio che viene messo attorno alla zampina: il codice individua esattamente l’esemplare a cui viene assegnato; in questo modo in fase di ricattura è possibile conoscere quando e dove è stato inanellato e le variazioni che ha subito nel tempo.

In questi anni a Costa Perla sono stati contrassegnati oltre 30.000 uccelli appartenenti ad 88 specie diverse; alcuni di questi individui sono stati poi ritrovati in diverse località europee ed africane.

La Stazione esegue anche studi sull’avifauna nidificante sul Monte Barro e partecipa a programmi di ricerca nazionali ed internazionali.
Recentemente l’intero impianto è stato completamente ristrutturato, così come sono stati ristrutturati i due edifici: il casello principale dove ha sede la Stazione ornitologica, attrezzato anche per attività didattiche, e il casello superiore dove ha sede la sezione staccata del Museo Etnografico dell’Alta Brianza (MEAB) dedicata all’uccellagione e alla caccia tradizionale.
Annualmente vengono effettuate campagne di cattura e inanellamento a cura degli ornitologi dell’Associazione FaunaViva.

 

La stazione ornitologica è aperta su prenotazione tutto l’anno, specie per attività didattiche con le scolaresche, e si può visitare liberamente tutti i giorni durante le annuali campagne di inanellamento.
E’ possibile raggiungere la Stazione percorrendo per circa 2 Km la strada che da Galbiate sale all’Eremo (Via Balassi), poi deviazione per Costa Perla.
Per informazioni e prenotazioni:

Tel. (39) 0341.542266 – info@parcobarro.it

ANTICHI MESTIERI: COME FUNZIONAVA L’IMPIANTO DI COSTA PERLA

L’impianto di aucupio a Costa Perla è uno dei più estesi ed articolati della Lombardia e si componeva di due roccoli e di due bresciane.
Qui si trovano numerosi pannelli che illustrano l’attività (oggi vietata dalla legislazione) che in passato veniva svolta sia al roccolo che alla bresciana.

Le immagini ed i testi che seguono sono tratti dai pannelli di Costa Perla.

IL ROCCOLO

Il roccolo (ul ròcul), propriamente detto, si estende sia davanti sia dietro al casello principale in muratura della proprietà, da cui partono, davanti come dietro, una doppia corona di alberi di carpino bianco (i carpenès) sagomati a pergolato (ul scigalée) che circoscrive la parte a vista dell’impianto. La vegetazione di queste corone viene potata in modo da formare dei finestroni, attraverso i quali filtra la luce nascondendo la rete alla vista degli uccelli.

All’interno delle radure che si vedono dal castello si trovano alberi invitanti per i volatili: il carpino nero (ul càrpen), il tasso (ul tas), il ginepro (ul zanéber o zabranéch), il tiglio (ul tèi), la roverella (la rùgul), l’orniello (la nus màta), l’azzarolo (ul lazzarén), il sorbo montano (la ‘zzòrba).

Un’altra funzione del pergolato era quella di nascondere le gabbie con gli uccelli da richiamo, normalmente appese a diverse altezze sull’intelaiatura del pergolato. Altri richiami efficaci per i loro movimenti erano chiusi in gabbioni posati a terra (i càmpan).

La parte anteriore dell’impianto, detta la panza del ròcul o ul ròcul de sòt, era quella che permetteva le catture più abbondanti, ad esempio di cesene (la viscàrda) o di tordi sasselli (ul dresén), ma ancora più efficaci, specie per i tordi (ul duurt) di passo, erano le reti poste sul declivio sottostante, dette passata e sottotondo. Nel primo caso si trattava di una rete posta come un muro lungo il versante morenico, nel secondo la rete seguiva un po’ più in basso il profilo anteriore curvo del roccolo.

L’edificio è normalmente formato da tre piani.
Il primo serviva da ricovero per gli uccelli da richiamo e per gli attrezzi di cattura.
Il secondo costituiva il ricovero dell’uccellatore (ul ruculée).

Il piano superiore era adibito alle operazioni di avvistamento e da lì l’uccellatore induceva la cattura degli uccelli.

Egli lanciava gli spauracchi (i sburèi) (disegno 1) al di sopra dei migratori (2) posati sui rami secchi sporgenti dal verde, i quali, spaventati, fuggivano verso il basso incappando nelle reti.
Dopo essere stati estratti dalle reti, gli uccelli venivano posti all’interno di ceste di vimini (3), o grembiuli a sacco dove, al buio, si tranquillizzavano prima di essere sistemati nelle gabbie.

I migratori erano attirati anche da zimbelli, imbragati sopra una postazione all’interno del roccolo (4) oppure sul berceau (5), che potevano svolazzare appoggiandosi su un piano coperto di zolle.
Gli zimbelli erano indotti a muoversi dall’uccellatore per mezzo di una lunga cordicella che li sollecitava a svolazzare, quando avvistava degli stormi di uccelli in arrivo, prima che fossero sopra al roccolo.

LA BRESCIANA

La bresàna indica lo spazio antistante il casello superiore che è presente nella proprietà, dove oggi ha sede la sezione museale del Museo Etnografico dell’Alta Brianza. Oltre ai carpini e alle siepi di bosso (martelìna), nella radura dell’impianto di cattura si trovano il corniolo sanguinello (ul sanguanèl), l’azzarolo (ul lazzarén), il sorbo (la ‘zzòrba o sòrba), il ciliegio selvatico (l’erbarola) con i loro frutti appetitosi (pastura), alcune varietà di pino (ul pén), la roverella (la rùgul).

I migratori, arrivati in questo luogo, si posavano sulle piante più alte o sui rami secchi (disegno 1) delle stesse, attirati dai canti degli uccelli da richiamo (i riciàm).
Da qui potevano scorgere i loro simili impossibilitati a volare (dapprima fringuelli e più avanti peppole) venendo così indotti ad abbassarsi sul terreno.

I richiami usati nella bresciana erano costituiti da uccelli cantori (de primavera) tenuti in gabbie appese su alti pali (la spia so l’anténa) (2), sui sostegni del pergolato o da altri chiusi in gabbie lunghe e molto basse (i curidùur) (3), in cui gli uccelli potevano solo camminare o correre, disposta in bella vista sul terreno.
Altri uccelli a cui erano state spuntate le penne delle ali – normalmente fringuelli (ul franguél) o le peppole (ul muntanèl) – venivano lasciati liberi di muoversi all’interno di un recinto rettangolare (ul fuunt) scavato nel terreno (4)

Quando i volatiti erano a terra (5), l’uccellatore, nascosto nel piano alto del casello superiore (6), dava un colpo violento e repentino alla corda disposta lungo l’asse maggiore della bresciana, sulla quale erano legate le placche di lamiera (la tiradùra) (7) facendo fuggire ed irretire le prede (8).
Una estremità della tiradùra era fissata alla cima di un’altra pianta che stava sul bordo tondo nella parte bassa della bresciana, mentre l’altro capo dotato di un manico di legno stava nel casello dal lato opposto, ove scorreva su una carrucola.
Alla corda era fissato anche un campanaccio che contribuiva a spaventare ancora di più gli uccelli.

Fonte Parco Monte Barro
Testi a cura di Massimo Pirovano
Disegni di Antonio Monteverdi
Progetto grafico di Click Art di Daniela Fioroni

Sede del Parco:
23851 Galbiate (LC)
Via Bertarelli n. 11 – Tel. 0341-542266
www.parcobarro.it
info@parcobarro.it

Il Museo etnografico in località Camporeso è aperto:
Martedì, Mercoledì e Venerdì dalle 9.00 alle 12.30
Sabato e Domenica dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00

Il Centro Parco e il Museo Archeologico in località Eremo sono aperti:
Mercoledi dalle 14.00 alle 17.00 (da aprile a settembre)
Sabato e Domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 17.00