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Venerdì 23 marzo ultimo scorso, presso una gremita sala consiliare del Municipio di Carenno, si è tenuta la conferenza di presentazione dello stato dell’arte del progetto di valorizzazione del mais scagliolo di Carenno e, in particolare, dell’avvenuta iscrizione di quest’ultimo nel registro al registro nazionale delle varietà di granoturco da conservare (Decreto del 20.10.2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nr. 269 del 17.11.2017). Un traguardo di estrema importanza poiché la reintroduzione e la valorizzazione del mais scagliolo di Carenno rappresenta un’opportunità sia per gli agricoltori del territorio sia per la divulgazione e la salvaguardia delle tradizioni e della cultura alimentare tipica della Val San Martino.
La serata, promossa dalla Comunità Montana Lario Orientale – Valle San Martino, dall’Associazione Agricoltori Valle San Martino, da Crea – Centro Cerealicoltura e Colture industriali di Bergamo e dal GAL – Gruppo di Azione Locale “Quattro Parchi Lecco Brianza” in collaborazione con il Comune di Carenno e l’Ecomuseo Val San Martino, ha visto la partecipazione e il contributo di esperti in materia che hanno partecipato alla stesura del dossier che ha portato al prestigioso riconoscimento e, al termine, la degustazione di prodotti a base di mais scagliolo e la distribuzione di una piccola quantità di semente a tutti i nuovi iscritti all’Associazione Agricoltori Valle San Martino.
Ad aprire i lavori sono stati gli interventi del Presidente della Comunità Montana e del Sindaco di Carenno che hanno entrambi espresso un plauso per il traguardo raggiunto. Carlo Greppi, confermando il sostegno e l’affiancamento dell’Ente da lui guidato e ringraziando tutti i partner, ha definito il riconoscimento un punto di arrivo ma anche di partenza per una nuova fase di valorizzazione che vede l’aggiungersi del GAL quale ulteriore soggetto di promozione commerciale e sviluppo economico del mais scagliolo. Luca Pigazzini, dopo aver a sua volta ringraziato la Comunità Montana e l’Associazione Agricoltori per aver portato, tramite il progetto, il nome di Carenno fuori dalla Val San Martino, ha auspicato che i coltivatori aumentino nel numero e che la produzione possa significativamente incrementare in un quadro di coinvolgimento di tutte le realtà del paese, a partire dai ristoratori.
È stata poi la volta di Niccolò Mapelli, dell’Ufficio Agricoltura e Foreste della Comunità Montana, il quale ha illustrato il percorso e le tappe che hanno portato il mais scagliolo nel registro nazionale delle varietà storiche meritevoli di conservazione. Nel 2009 gli agricoltori della Valle bussavano alla porta della Comunità Montana chiedendo un’esistenza tecnica al pari di quelle che la Comunità Montana aveva profuso con l’olio e il castagno. Così, da una manciata di sementi (240 gr. di seme con prelievo del 1988) si è arrivati ad introdurre la figura dell’agricoltore-custode nonché ad indicare una quantità reale e presunta e una superficie di coltivazione del mais scagliolo. E l’ambito di coltura è stato diviso in due aree interne alla Comunità Montana più, esternamente, i Comuni di Lecco, Brivio e Valgreghentino. I custodi del seme sono stati invece individuati nei nove Comuni della Val San Martino che costituiscono il contesto storico e territoriale più naturale dell’antico granoturco. Oggi il mais scagliolo di Carenno possiede un marchio che lo identifica e fa parte di un network di sette produttori italiani produttori di mais antichi.
Paolo Valoti, del Centro Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo, ha definito il conseguimento dell’iscrizione il naturale frutto di uno straordinario lavoro di gruppo e si è detto molto stupito, e soddisfatto, per la folta presenza di pubblico. Dopo aver ricordato la provenienza messicana del mais che non è dunque, per noi occidentali, un cereale autoctono ma importato dall’America e diffusosi nella Bergamasca agli inizi del secolo XVII, Valoti ha proseguito un interessante parallelo tra la realtà messicana e la nostra, snocciolando alcuni dati molto significativi: mentre in Occidente coltiviamo mais ibrido per il 96%, in Messico il 97% del granoturco è autoctono; nelle banche dati messicane esistono ben 180.000 diversi tipi di cereali (150.000 di frumento, 30.000 di mais) mentre la Banca del seme del Crea di Bergamo conta “solo” 595 varietà tradizionali; in Messico si consumano, mediamente in un anno, 115,83 kg di mais pro capite, in Italia 4,16 kg.
Fabio Bonaiti, Coordinatore dell’Ecomuseo Val San Martino, istituzione culturale emanazione della Comunità Montana, ha sottolineato, invece, il valore culturale (ed ecomuseale) della coltivazione del mais scagliolo di Carenno per la comunità di Valle evidenziando e declinando a monte alcuni concetti chiave quali “prodotto tipico”, “economia sociale o di comunità”, “sostenibilità culturale”, “nuova agricoltura”, “filiera corta e locale” per illustrare in seguito alcuni dati storici forniti a supporto dell’iter di riconoscimento. Al 1632 risalgono i primi documenti che testimoniano la coltivazione del mais, proveniente dal Veneto dove è già attestato nel 1617, nella Bergamasca, a Gandino. Grano e granoturco costituivano importanti fonti di reddito, ma è soprattutto il mais ad aver a lungo fornito il sostentamento per le popolazioni della Val San Martino. Un’indagine napoleonica del 1808 cita esplicitamente le due coltivazioni principali, grano e mais mentre nel 1833 l’ingegnere bergamasco Giovanni Battista Crippa, su incarico del governo austriaco, descrivendo la realtà economica della Valle San Martino nelle sue “Notizie statistiche agrarie sulla Provincia di Bergamo”, pare riferirsi indirettamente al mais scagliolo scrivendo: «[prevalgono] la ruotazione agraria è biennale, cioè un anno a frumento e l’altro a granoturco [e l’uso della] mezzadria, dividendosi a metà il granoturco, il frumento e l’uva; così pure la stessa diligenza di coltivazione [in uso] nella parte in colle alto ed in monte; ma vi sono in poca quantità, tanto per il clima che per la poca attitudine del fondo».
Dante Spinelli, dopo aver precisato essere il suo intervento la prima vera e propria uscita pubblica del GAL “Quattro Parchi Lecco Brianza” di cui è Direttore, ha spiegato come all’interno del piano di sviluppo rurale il GAL vanti una cospicua serie di finanziamenti specificatamente dedicata al proprio ambito territoriale di azione (4 parchi, 43 comuni lecchesi, 3 bergamaschi, 1 comunità montana, 264 kmq). Ha poi ricordato le numerose relazioni e correlazioni con altri GAL, con la rete rurale ed altri collegamenti a livello nazionale per poi entrare nello specifico delle 7 misure declinate in 16 operazioni specificatamente dedicate agli agricoltori che vengono chiamati a fare investimenti. Da azioni promozionali per la commercializzazione dei prodotti agricoli alimentari ad investimenti in immobilizzazioni materiali, dallo sviluppo di aziende agricole e imprese al sostegno dell’agricoltura sociale per categorie svantaggiate, educazione ambientale e alimentare, didattica.
Le conclusioni sono state affidate a Stefano Turrisi, Presidente dell’Associazione Agricoltori Valle San Martino che può ora affiancare al proprio logo il marchio ufficiale dello scagliolo di Carenno quale antica varietà di mais. Turrisi si è unito ai ringraziamenti e ha lanciato un accorato appello affinché, grazie al contributo di tutti, l’Associazione possa fare il salto di qualità e aprirsi ulteriormente alle Istituzioni e ai singoli cittadini, in primis di Carenno, per attrarre nuovi iscritti, nuovi coltivatori, forze diverse, sostegni e connessioni.